martedì 17 novembre 2009

STORIA DI CECINELLO, FIABA POPOLARE DAUNA














Storia di Cecinello
Una fiaba popolare dauna





C’era una volta una famiglia molto povera formata solamente da moglie e marito, che vivevano in un misero tugurio. I due non avevano figli e, nella loro povertà, ritenevano che ciò non fosse un gran danno, perché avendone li avrebbero condannati ad una vita di stenti simile a quella che loro stessi vivevano. Inoltre non avrebbero saputo in che modo sfamarsi e sfamarli, perciò decisero che se ne avessero avuti li avrebbero uccisi per evitare il dolore e il senso di impotenza nel vederli morire di inedia e di stenti. Un giorno il marito chiese alla moglie di cucinare la poca pasta che era riuscito a mendicare il giorno prima con i ceci che aveva raccolto dopo il mercato sotto una bancarella e uscì a cercare qualcosa da mettere sotto i denti per il giorno dopo e un po’ di legna da ardere per riscaldarsi nella rigida notte che li aspettava. La moglie lo accontentò, mise a cucinare il misero pranzo su un freddo fuoco di paglia e ramoscelli, che stava ben attenta a ravvivare per evitare che si spegnesse, quando, attratta dal fumo che usciva dagli spiragli delle finestre, coperte solo da logore pelli di animali si presentò alla porta una donna anziana vestita da zingara che chiese bruscamente alla donna di avere i ceci che si stavano cucinando sul fuoco: - Donna, io sono più povera di te ed ho bisogno di mangiare, perciò voglio che tu mi dia i ceci che hai cucinato! La povera donna non voleva negarglieli, ma dando un’occhiata alla pentola si rese conto che erano ancora crudi, in quello stato sarebbero stati immangiabili! Così le rispose:- Cara signora, non ti negherò quanto mi chiedi, ma abbi la bontà di attendere ancora un po’ in modo che siano cotti meglio. La zingara montò su tutte le furie e le mandò una terribile maledizione:- Bugiarda! Tu non vuoi darmi nulla, ma stai cercando di prendere tempo perché arrivi tuo marito a scacciarmi di qui! Maledetta sia tu e tutta la tua stirpe maledetta! Ma me la pagherai! Farò ricadere su di te una maledizione terribile: sarai madre, ma ti renderò omicida dei tuoi stessi figli!- e uscendo sbattè la porta di legno decrepito così forte da far cadere il chiavistello e tremare le pareti. La donna intimorita ed impressionata cercò di cacciare la paura precipitandosi a raccogliere il chiavistello ed adoperandosi per rimetterlo sulla porta prima che arrivasse il marito e cercò di dimenticare ciò che aveva detto la zingara. Non appena il suo cuore cessò di battere all’impazzata si ricordò che aveva lasciato sul fuoco, ormai quasi spento, il pentolino con i ceci. Raccolse il pentolino, ma le sembrò stranamente leggero...e il cuore le balzò nel petto! Era vuoto! Eppure era sicura di averlo riempito!!! Quando ecco, dall'angolo più buio della casupola si sentì un lamento....e poi due.....e poi.....un pianto??..dieci, quindici, venti?bambini!!!!!! Il suo cuore si straziò dal dolore: tanti bambini! E ora come avrebbero potuto sopravvivere, con dei genitori così miseri, tutti quei bimbi? Nessuno in paese li avrebbe presi con sé, con la povertà e la carestia che imperversavano i figli propri erano bocche in più da sfamare, figurarsi i figli altrui! Decise che no, non avrebbe mai visto i suoi figli morire di fame e di stenti, avrebbe preferito ucciderli lei stessa con le sue mani prima di vederli morire tra atroci sofferenze! Piano piano, piangendo silenziosamente, con tutta la delicatezza che era possibile ad una madre addolorata li prese uno ad uno e li fece addormentare soffocandoli, poi, nel sonno, perché morissero dolcemente senza rendersi conto che la loro madre stava togliendo loro la vita. In questo strazio la donna non si era resa conto che un dei bimbi, più grandicello degli altri, che riusciva a stento a camminare, per curiosità e senso di avventura aveva raggiunto l’armadio e vi si era rinchiuso dentro, non riuscendo poi ad uscire più di lì, per nulla spaventato, si addormentò. La donna prese poi l’unico lenzuolo sano della casa, vi depose delicatamente i bimbi e, con gli occhi ormai asciutti e gonfi, si incamminò nel bosco con quel fagotto sulle spalle, trovò una radura piena di fiori e vi depose i suoi piccini. Poi tornò, con la morte nel cuore, nella sua casupola, cercando una scusa da dire a suo marito che, tornando affamato avrebbe certamente voluto il suo misero pasto. Nel frattempo il marito era tornato, raggiante di gioia aveva spalancato al porta, poi, non vedendo la moglie corse a cercarla nel bosco, pensando che si fosse allontanata per raccogliere qualche erba amara con arricchire il misero pasto. Doveva comunicarle una notizia grandiosa: andando in città aveva trovato un uomo che imprecava sul ciglio della strada contro il suo pastore, aveva scoperto mentre gli rubava delle pecore, e lo aveva scacciato. -Vai via, ladro truffatore! Che tu possa marcire in galera per il resto dei tuoi giorni, ho già chiamato le guardie perché ti portino via!- Il pastore, che era giovane e forte, era però fuggito e presto era scomparso alla vista di entrambi.- - Povero me,- diceva il padrone- doppiamente derubato: delle mie pecore e del mio pastore! Ora come farò, io sono troppo vecchio per badare ad esse e se non trovo qualcuno si disperderanno!- Il pover’uomo si avvicinò e cercò di consolare il vecchio dicendogli che c'erano tanti uomini onesti che avrebbero lavorato per lui, accontentandosi anche di un tozzo di pane. Il vecchio non se lo fece ripetere due volte e, avendo compreso che si trattava di una persona onesta gli diede l’incarico di portare le pecore alla stalla e quando lo congedò gli consegnò un cesto con del cibo e gli disse di tornare il giorno dopo per iniziare a lavorare. La cercò dovunque in casa, poi, quasi mentre stava per uscire a cercarla la vide apparire sulla porta, con gli occhi gonfi e lo sguardo inespressivo. Alla vista di tale spettacolo disse:- Moglie mia, cosa ti ha turbato in tale modo da ridurti in questo stato pietoso? Proprio oggi che dovresti gioire: guarda, ho trovato un lavoro ed ho avuto già una ricompensa, possiamo sperare in un domani più sereno! A tali parole la povera donna sbiancò ed iniziò ad emettere un lamento lungo e doloroso, come un povero animale ferito, pianse a lungo e ad occhi asciutti, perché le lacrime ormai le aveva tutte consumate. Il marito non comprendeva e si mortificava sempre più alla vista di un dolore così grande e inspiegabile. Alla fine, dopo averla consolata insistette perché la dona gli raccontasse ciò che le era accaduto. La donna con un filo i voce raccontò della zingara e di come era stata costretta a fare ciò che avevano deciso insieme tanto tempo addietro. Anche il marito pianse lacrime amare e maledì il giorno che avevano preso insieme quella sciagurata decisione, compatendo la povera donna per ciò che aveva dovuto fare. Mentre i due poveri coniugi piangevano abbracciati non si erano resi conto che l’anta dell’armadio aveva cominciato a scricchiolare e un leggero scalpiccio di piedini animava la casa. Improvvisamente, ridestatisi dal loro dolore scorsero sul pavimento con sorpresa l’ombra di una testa ricciuta che gli si avvicinava, alzarono gli occhi e stupiti videro un bimbo grassoccio e biondo che barcollava verso di loro tendendo le manine. Il dolore si tramutò per un attimo in stupore e poi in gioia profonda: allora qualcuno dei piccini era sopravvissuto alla strage! Si tesero ad accoglierlo e la donna lo strinse a sé con una gioia indescrivibile: suo figlio... aveva un bambino! Il marito, felice gli diede il nome di “Cecinello” per l’insolita maniera con cui era venuto al mondo E da allora vissero felici e contenti...ma il bambino non toccò un cece in vita sua: gli sembrava di mangiare un suo congiunto!









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